Intervista al poeta argentino, nella cittadina tirrenica per migliorare il suo italiano pensando al nonno Giuseppe
I sogni che ognuno ha nel proprio cuore si alimentano anche di quelli degli altri. Spesso, nei meandri della nostra anima si annidano, infatti, desideri dei nostri cari, trasformati in parole che purtroppo, per varie vicissitudini della vita, non hanno preso forma nella realtà. Questa eredità, quindi, si trasforma in un viaggio per realizzare i progetti avuti in dono.
“Mio nonno, Giuseppe Belcaro è morto in Patagonia piangendo, con pensiero alla sua Calabria, dove non è più tornato. È partito dalla terra calabra nei primi del Novecento, ma non è più riuscito a farvi ritorno. Credo che per tutta la vita abbia sognato di fare questo viaggio, di tornare a Rosarno. Alla sua morte, ho vissuto questo come una missione”.
È quanto racconta Julio Cesar Dimol, poeta di Rawson, capitale della Provincia argentina del Chubut, in Patagonia. In una sera di fine settembre, è seduto con la moglie Maria Josefina in un bar nel centro storico di Belvedere Marittimo. Vi è arrivato per partecipare alla “Summer School” del progetto Pitagora Mundus.
Lavori, famiglia e viaggi di Julio e Maria Josefina
I vicoletti, la vista che abbraccia il Tirreno cosentino, le parole scambiate con gli abitanti del posto, il cibo e quanto altro nutre la sua anima. Tutto è ispirazione per la sua vena poetica. Un piccolo temporale ha rinfrescato l’aria. Qualche foglia svolazza sulla strada lastricata, rendendo l’atmosfera ancora più intima.
“Nella mia vita ho fatto molti lavori. Ho iniziato a dieci anni a lavoricchiare, mentre studiavo. Sono stato venditore ambulante, ho lavorato nell’industria del pesce, come parrucchiere e anche come macellaio. Poi sono entrato in banca. Da anni sono in pensione e, quanto possiamo, con mia moglie viaggiamo”.
La poesia è un amore che tiene salde tutte le fasi della sua esistenza, come una compagna amorevole, quasi quanto Maria Josefina con cui è sposato da ventisette anni. “È più piccola di me di diciannove anni. Ci siamo innamorati. Ci siamo sposati e abbiamo messo al mondo Maximiliano, che adesso ha diciotto anni. La nostra è una grande famiglia: ne fanno parte, infatti, i figli avuti dai nostri precedenti matrimoni”, confida, grato per quel che ha.
“Con la Summer School di Pitagora Mundus parliamo meglio italiano”
Per un mese hanno studiato italiano nel Borgo della Sapienza di Belvedere Marittimo. “Per migliorare il mio italiano seguo i corsi online. Quest’anno ha iniziato anche Maria Josefina. Questi giorni qui in Calabria sono stati davvero utili per imparare meglio la lingua. Proficui e divertenti. Il modo migliore per rafforzare l’idioma e praticarlo”, dice entusiasta. Cittadino italiano, ha visitato il Bel Paese diverse volte. “Questa è la mia prima volta a Belvedere. Mi affascina questo paesino, sono tutti così cordiali e disponibili”.
La prima anche per la moglie. Si guardano spesso, come sovente accade che l’uno completi il discorso dell’altro e viceversa. Sono uniti. Lo si vede, Lo si percepisce.
“Mio nonno ha viaggiato ed è ritornato in Calabria con me”
“Nel 2001 sono venuto per la prima volta in Calabria. Sono andato a Rosarno. Volevo saldare in debito con mio nonno, portagli la pace nel cuore. Ho incontrato dei parenti che mi hanno raccontato aneddoti su di lui e i miei antenati. Mio nonno ha viaggiato ed è ritornato in Calabria con me”. Prende una piccola pausa e ricomincia il suo racconto.
“Nonno Giuseppe è emigrato in Patagonia. Qui ha conosciuto mia nonna, discendente dei Mapuche/Tehuelche. Un’aborigena alta, molto alta, più di mio nonno”, e scocca un sorriso. “Si sono sposati. Mia madre, Celestina, si è sposata con mio padre, Teibi, anche lui aborigeno. Strana e bella la vita, vero?”, chiede, anche se conosce già la risposta.
“Ho la passione per la scrittura, in particolare per la poesia, da sempre. Ho giocato anche a calcio a livello professionistico. La poesia è terapia per me. Ho pubblicato tanti volumi, sono stati accolti favorevolmente dalla critica, il che mi onora. Il primo a vedere la luce è stato ‘Algunas cosas que siento’. Era il 1994. Cinque anni dopo ho pubblicato ‘Como gotas de cielo’, che ha avuto varie ristampe”.
Tra le sue opere: “ComeTestimonios” (2017), “Del otro lado del mar año” (2021), “Historias de pago Chico” (2022), “Dell’anima año” (2023).
Julio non ostenta la sua arte. Preferisce assorbire quel che il mondo circostante gli regala ogni giorno per alimentare la sua vena artistica, sollecitata adesso dal mare, dai paesaggi, dalle bellezze e dalle contraddizioni della Calabria. Presto lui e Maria Josefina torneranno in Argentina, ma già pensano al prossimo viaggio in giro per il mondo.
Intanto, si godono questi giorni nella località tirrenica: “Siamo studenti di questo progetto che ci ha aiutato molto a intensificare la nostra conoscenza linguistica dell’italiano, della sua cultura. In questi giorni abbiamo studiato tanto, imparato tantissimo. I nostri compagni di classe sono simpatici, allegri, rispettosi. Una bella esperienza che porteremo con amore in Argentina”, conclude, abbracciando la moglie.